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Le memorie di Massimiliano
30 gennaio 2006


 

 

Un viaggio a Mantova tra il cuore della voce e la voce del cuore!

(Gennaio 2005)

 

        Non è facilissimo arrivare con il treno nella città dei Gonzaga, in questa Italia catapultata nel cuore dell’Europa tecnologica e informatizzata, cellularizzata e via dicendo (neologismi concessi).

        In una gelida sera di gennaio prendo il treno per Modena e il giorno dopo quello per Mantova dove alla stazione trovo ad aspettarmi Annamaria, arrivata, penso, sulle ali di una merla, con la macchina piena di marchingegni per il teatro (mistero quasi conoscibile). La direzione è Casa-Teatro-Casa-Teatro,  in un mescolarsi di sapori, odori, colori e suoni ovattati dalla neve circostante e tenerissima.

        Nel salone-antro del teatro inizia l’avventura e il contatto con l’insegnante Vittoria Licari, che con tutta la pazienza possibile sarà il nostro terzo orecchio e terzo occhio durante le  esecuzioni umanamente vocali e arrendevolmente musicali, piegate al desiderio di crescere e di espandere il proprio personale percorso e scopo. Hic et nunc!

        Il cuore della voce è ancora timidissimo mentre la voce del cuore canta allegra nel contatto e nella conoscenza di persone fino a quel momento sconosciute, ma da sempre note all’anima mia.

 

Primo giorno: sabato

 

        Mio Dio!  Bisogna stare a piedi scalzi!!!!! Ma fa freddo, e poi ... ho un buco nei calzini!!! Vabbè, pazienza, non è un buco che fa la differenza, e il freddo è compensato da un tipo di calore intimo che scalda più di dieci  camini.

        Vittoria, approfittando dell’attesa dei partecipanti che ancora mancano all’appello, ripete (il corso è iniziato il venerdì pomeriggio) le indicazioni e le informazioni inerenti la tecnica.


Primo esercizio: la respirazione o “della fame d’aria”!

        In piedi, con il corpo rilassato e le braccia abbandonate, inspiriamo e poi espiriamo emettendo una “S” sonora fino a svuotarci completamente, e quindi restiamo qualche secondo in apnea, dopodiché apriamo la bocca e ci abbandoniamo all’ingresso dell’aria, o meglio all’istintivo movimento diaframmatico che dovrebbe determinare un riempimento totale, ma anche un rilassamento della zona viscerale con una sensazione di allargamento ”a uovo”.

        Questo esercizio è sempre molto utile, sia che si debba cantare o parlare, o semplicemente ci si voglia rilassare prendendo coscienza del fatto che il respiro è il nostro primo ritmo di vita.

 

Secondo esercizio : “mai fidarsi dell’apparenza”

 

        Cosa hanno a che fare le punte delle dita dei piedi con il resto del corpo? Apparentemente nulla, eppure la sottile energia e il raffinato equilibrio di distensione tra i muscoli e i tendini di tutta la zona della schiena  (collo compreso) sono in contatto con questa parte del corpo.

        Ci si siede su una sedia qualsiasi senza braccioli,  mettendosi il più possibile in punta per consentire una corretta postura delle gambe ad angolo retto; si piegano il collo e la testa all’indietro, senza forzare,  cercando di memorizzare il massimo punto di visuale sul soffitto, e si ritorna poi a capo eretto con lo sguardo naturalmente in avanti. Ora inizia l’esercizio vero e proprio.

        Si contraggono le dita dei piedi in dentro e poi si distendono in fuori, sempre respirando profondamente e regolarmente. Questo movimento provoca una sensazione piacevole, una goduria stile automassaggio, anche perché non è un movimento che si esegue comunemente. Dopo un certo numero - a piacere -  di contrazioni e distensioni, per verificare lo stato di rilassamento della muscolatura della schiena e del collo si riporta dolcemente la testa all’indietro per vedere dove riesce ora ad arrivare lo sguardo. Io, personalmente, ho immediatamente constatato che il nuovo punto visuale si era ampliato di almeno 50 centimetri rispetto a quello memorizzato all’inizio.

 

       

Ecco, lo sapevo, è arrivato il mio momento, davanti ho un leggìo e Vittoria ci piazza sopra il libro Memorie di Adriano dell’ amata Crayencour, alias Marguerite Yourcenar.

        Mi chiede semplicemente di leggere in modo naturale, come mi viene, ma poi, a un certo punto, mi suggerisce: ”A una pausa del respiro, mentre inspiri,  porta il braccio sinistro sopra la testa con un movimento che passa dall’esterno verso l’interno del corpo e il palmo della mano rivolto verso l’alto, e prosegui la lettura”.

  

        Rimango folgorato!

 

        I miei polmoni si aprono, la mia voce ha paura di essere così VOCE, basta un semplice movimento per cambiare il punto di ascolto interno!

        Io sono venuto al corso perché ritengo la mia espressione vocale brutta e sgradevole,  ma ora comincio a capire che le cose potrebbero cambiare...

        La presenza della voce “fa” la presenza del corpo e della persona che “muove” sé stessa nello spazio circostante.

 

 

Esercitare la propria voce è un’ occasione per prendere coscienza della propria forza e della propria possibilità di comunicare,  per riuscire a trasmettere significati  e per comprendere  nuove possibilità di crescita.

In definitiva, noi  usiamo la voce quasi sempre  per esercitare la nostra disponibilità al dialogo o alla “guerra”  per i motivi più svariati, professionali e di routine (si pensi al cantante, all’oratore, all’insegnante, all’attore e via dicendo) o anche, più semplicemente, per  parlare e far giungere le nostre  intenzioni comunicative nel corso della  vita quotidiana.

Vittoria ci diceva che i cambiamenti dovuti alla  tecnica da lei applicata non si riflettono solo sulla voce, ma anche sul comportamento generale della persona: si tratta di una ulteriore verifica del fatto che la sfera della vocalità riassume il portante energetico della persona in una visione olistica.

 

 

 

 

 

 

Esercitare la sonorità della voce “in avanti”

 

 

Nella lingua italiana la è chiusa è la vocale che risuona naturalmente in esposizione avanzata (vibra all’altezza dell’arcata dentaria superiore). In successione verso una risonanza da fuori a dentro troviamo quindi la i, poi la u e infine la a.

Questo esercizio vuole condurci alla consapevolezza e alla capacità di impostare tulle le vocali verso una vibrazione “in avanti” come la è chiusa.

Quando si esegue un vocalizzo, dunque, è utile partire con la è, e passare poi progressivamente alla i, alla u e alla a, cercando di collocare il suono sempre nella stessa posizione della é iniziale.

 

Esercizio: in piedi , piedi paralleli (importantissimo) eseguo una serie di suoni dal grave all’acuto ribattendo ciascuno quattro volte (su è, i, u, a) secondo le modalità sopra descritte. Dopo una serie di 6 o 7 suoni, Vittoria mi invita a portare il ginocchio destro in alto verso il petto e a cingerlo(all’altezza della rotula) con la mano spingendo verso il petto.

Questa posizione porta ad uno “squilibrio voluto” tutto il corpo e fa sì che,  a seconda del grado di rigidità o resistenza , l’equilibrio venga meno.

A questo punto una persona deve posizionarsi dietro chi esegue il vocalizzo e sostenerlo mente la perdita di equilibrio porta a cadere all’ indietro.

Il consiglio è quello di lasciarsi andare, di non frenare la caduta: la persona adibita al nostro sostegno ci accompagnerà fino a terra e a questo punto, dove continuiamo a vocalizzare.

Ho sentito davvero come tutto me stesso voleva resistere alla caduta –  le resistenze non sono, ovviamente, solo fisiche - e la voce, una volta scivolato a terra, usciva da me come non l’avevo mai sentita, probabilmente brutta, stonata e gracchiante, ma una VOCE e non un imbellettamento convenzionale per dire ai miei allievi di fare silenzio o per edulcorare la lettura teatrale di un testo.

Mi sono ricordato di quando cercavo il bel suono con il mio strumento musicale, il flauto.

Ho scoperto che, lasciandomi andare a far scorrere il fiato in modo semplice e libero, accadeva un po’ come quando apriamo il rubinetto dopo che l’acquedotto è stato in panne per qualche ora. L’acqua esce a scatti, a volte violenta e spesso giallastra, si porta dietro le scorie dei tubi, ma, se la si lascia scorrere, dopo un po’ ritorna ad essere trasparente fresca e desiderabile!

 

 

Dopo ogni esercizio eseguito da un partecipante i presenti (compreso il soggetto dell’esercizio) verbalizzano le loro senzazioni e le immagini che ne hanno ricevuto, e questo fa nascere un dialogo breve, ma intenso e costruttivo; anche se siamo fra di noi diversissimi, ognuno di noi è “umano” e l’incontro-dialogo con l’altro lo vivifica e lo fa crescere in esperienza.

 

Altri due modi per esercitare il fiume della voce

 

A terra, seduti sui calcagni, ci si piega all’indietro e si appoggiano le mani a terra a sostenere il corpo con il palmo disteso e le dita verso i calcagni; il vocalizzo va eseguto spingendo in alto il bacino. Lo si ripete poi in piedi, cercando di immaginare che con l’emissione vocale il corpo si allunghi verso l’alto, quasi come se qualcuno ci sollevasse tenendoci per i capelli. Anche questi due esercizi mi sono stati utili per capire come la compressione generale che noi operiamo sul nostro corpo, che viene “schiacciato” dallo stress quotidiano, impedisca il libero fluire dell’energia sottile.

 

 

Non tutti i partecipanti eseguono necessariamente gli stessi esercizi; sta all’abilità del maestro e alla sua creatività – unita, naturalmente, a una adeguata conoscenza delle dinamiche psichiche e delle diverse tipologie caratteriali – trovare il modo giusto per far sì che l’allievo prenda coscienza delle proprie tensioni e possa così neutralizzarle.

Ad esempio, una ragazza del gruppo presentava una forte resistenza a esternarsi vocalmente, emettendo una voce molto flebile e infantile, specialmente nel registro acuto.

L’esercizio approntato per lei era eseguire il vocalizzo percuotendo con un martello di legno un blocco (di legno anch’esso)  e cercando di finalizzare all’emissione vocale la forza espressa nel vibrare il colpo di martello. E’ forse un modo di “spaccare le resistenze?”

Di fatto, il giorno successivo la sua voce era cambiata: pur rimanendo l’impostazione infantile, nel registro acuto la voce si ispessiva e prendeva carattere. E’ stato sorprendente e corroborante per combattere il mio ricorrente pensiero...”tanto la mia voce brutta è, e brutta rimane....”

 

 

Variante dell’esercizio a terra

 

 

Due grossi pezzi di legno, simili a fette di formaggio, ci guardano dall’angolo della stanza.

Abbiamo adattato questi materiali di scena per il seguente esercizio.

Serve un panchetto di legno – alto circa 25 cm. -  e un cuscino poggiato sul legno per ammorbidire l’impatto. Ci si stende di schiena facendo attenzione che il coccige sia  al centro del panchetto e poi testa, braccia, schiena e gambe si abbandonano mentre si esegue il vocalizzo. Questo esercizio deve essere in assistenza poiché alla fine qualcuno deve “estrarre” il panchetto mentre la persona si rilassa qualche secondo a terra, per  rimettersi poi in piedi, sempre lentamente ed eseguendo un semirotolamento sul fianco, per evitare bruschi sbalzi di pressione .

 

Io, dopo aver fatto l’esercizio, per poterlo rifare anche da solo ho progettato mentalmente un panchetto con le ruote a freno!

 

 

 

 

 

Domenica, dalle 9 e 30 alle 13 e 30.....si canta!

 

Ognuno di noi è stato invitato, dopo l’esperienza dei giorni precedenti, a cantare qualcosa di strutturato.

C’era il caso del baritono che partecipava al corso perché molti impresari e maestri gli avevano riscontrato una bellissima voce, ma notevoli carenze nella scioltezza fisica – e, conseguentemente, nella presenza scenica; c’erano due attrici che dovevano cantare in una pièce e volevano capire come impostare la voce in scena; un ragazzo dalla delicata sensibilità artistica che, recitando e cantando da dilettante, voleva capire come cantare bene nel registro acuto. Insomma, ognuno di noi, con la propria esperienza di vita, riversava in un canto (si  è spaziato dall’opera lirica alla filastrocca infantile) la sete di capire e conoscere sé stessi:  con il vantaggio, inoltre, di appropriarsi di alcuni esercizi tecnici ripetibili e utili anche per scopi contingenti, o urgenze quotidiane.

 

Anche la mia voce è cambiata, o almeno è cambiato il modo mio di sentirla e di usarla. Oggi ho tenuto 6 ore di lezioni varie, eppure,  al telefono con una amica alle 9 di sera, la voce era ancora perfettamente brillante e tonica come alla prima ora di lezione!

Anche il mio comportamento è cambiato, naturalmente....ma questa è un’altra storia.

 

Forse, però, la cosa più bella è che adesso io non ho paura di espormi o di cantare, non lancio più il sasso ritirando la mano, con la sensazione del ....... se ti becco sei fritto!

 

Non ho ancora ripetuto gli esercizi appresi -  a parte il vocalizzo, nei momenti di pausa che uso per ricordarmi la posizione della voce in avanti, sempre utile per me che sono insegnante - ma non passerà ancora molto tempo prima che mi attrezzi una stanza di casa con panchetti e mazze di legno!

 

 

Massimiliano Ottocento

 

 

 

 

 

 

 

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